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Recensione

Titolo: Maschere per un massacro
Autore: Paolo Rumiz
Casa editrice: Editori riuniti - 1996
pagg. 166 £. 15.000

(i.p.) "Help Bosnia now !". La scritta su un muro di Sarajevo rimarrà impressa a fuoco nella memoria dei popoli occidentali che assistettero, quasi ipnotizzati, ad un conflitto del quale è sempre stata sottolineata la matrice etnica.
Quindi, una volta "digerite" le raccapriccianti immagini dei Tg che accompagnavano le nostre cene, ci si trincerava dietro uno sbrigativo - fatti loro! -, ancora più sbrigativo da quando i leader balcanici fecero orecchio da mercante alla sensate proposte di pace della diplomazia mondiale.
Leggendo il libro di Paolo Rumiz ci si accorge di essere stati raggirati.
Le suddette proposte non erano così sensate ( tra tutte, il celebre "piano Vance - Owen") e i mass media cercavano più che mai di stupire, invece di far capire che il motore di tutte la atrocità non era un ancestrale odio etnico, bensì quella pax titoista che ha agglomerato, per quarant'anni, un crogiuolo di etnie prive di una borghesia (morta allo Sremski front) che avrebbe regalato alla Jugoslavia un regime democratico e cosmopolita.
Miss Sarajevo, cantano gli U2; la biblioteca della città e il ponte di Mostar sono diventati i simboli della guerra.
Ma c'è qualcuno che si ricorda di Vukovar e di Srebrenica, fondamentali per comprendere? E perché proprio Karazdic, uno psichiatra, divenne la guida dei nazionalisti serbi (la cui maggiore responsabilità Rumiz rileva senza enfatizzarla)?
Le risposte sono tutte nelle pagine - preziosissime - di un volumetto che, meno presuntuoso di tanti tentativi diplomatici e meno spettacolare di tante immagini televisive, si sforza - riuscendovi - di essere obiettivo.


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