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Intervista

23 ottobre 1996
Intervista a Luigi Bacialli
di Barbara Canestrari.

DOMANDA: Da cosa nasce "Un italiano in Italia"?
BACIALLI: Dall'idea di uno spaccato di quell'Italia che non compare sui giornali, che non è, per capirci, quella dei grandi corrotti, ma neanche quella degli italiani onesti e della società civile.
Nel nostro Paese la corruzione si succhia con il latte materno ed è un costume nazionale: dal medico compiacente al commercialista scaltrito, tutti sono pronti a darsi da fare per trovare la scappatoia. E' questa l'Italia di cui parlo, purtroppo la sola.

D.: Ma è davvero un malcostume solo italiano?
BACIALLI: Non si trova nessun altro Paese dove, come capita in Italia, i funzionari statali stessi istigano alla violazione della legge: basta che il parente, l'amico o l'amico dell'amico conoscano lo sportellista del Comune che, essendo lì da tanto tempo, è in buoni rapporti con... Ci siamo capiti, no? Si tratta di una disonestà spicciola ma radicata.

D.: Non può essere nata dalla necessità di sopravvivere a uno Stato burocratico, esasperante, troppo fiscale?
BACIALLI: Indubbiamente lo Stato italiano non aiuta il cittadino ad andare, come dire, incontro allo Stato, a sentirsene parte integrante: si pone, anzi, come controparte, sembra volerlo ostacolare piuttosto che aiutarlo.
Inoltre, in Italia, manca la cultura dello Stato: spesso sorridiamo degli americani, delle loro esagerazioni, del fatto che a scuola fanno cantare l'inno nazionale ai bambini e ai ragazzi: gli inculcano l'amore per la Patria...in futuro non penseranno mai di frodarla.
Purtroppo, unitamente a tutto il resto, storicamente e culturalmente l'italiano ha sempre avuto una particolare predisposizione per la piccola frode, per l'aggiramento degli ostacoli.

D.: Tutto ciò raccontato col sorriso sulle labbra...
BACIALLI: In chiave umoristica ma con amarezza: non è vero che al di sotto del famigerato Palazzo tutto va bene, anzi, va tutto a rotoli. E ognuno tira acqua al suo mulino e pesca nel torbido.

D.: E Luigi Bacialli come si pone rispetto a questo mondo?
BACIALLI: Credo proprio di far parte di questa deprecabile categoria di furbi. Per esempio: non tengo più il conto delle multe che non ho pagato nella speranza, tipicamente italiana, di trovare il modo di farle sparire. A volte mi chiedo come mi sarei comportato io se fossi diventato un politico: certi freni inibitori avrebbero funzionato o mi sarei adeguato all'andazzo?... Del resto in Italia il furbo ha sempre goduto di una certa simpatia e rispetto.

D.: Tangentopoli è veramente servita a qualcosa?
BACIALLI: Tangentopoli è diventata un bell'alibi per i molti che, non essendo finiti in galera, si sono sentiti più onesti: "Finalmente i ladri sono dentro", e loro hanno continuato a fare quello che facevano prima con la coscienza più tranquilla. Per non parlare del voltafaccia di chi (leggi Bossi) in un primo tempo ha gridato "Viva Di Pietro" per poi gridare, a calli pestati, "all'abuso di potere".

D.: L'italiano medio, in mezzo a tutto questo viavai trova?
BACIALLI: Si accoda agli opinionisti urlatori che un giorno santificano e il giorno dopo abbattono. Non c'è nessuno che osi esporsi con idee controcorrente, men che meno tra i giornalisti, asserviti in modo strisciante o palese al "gruppo di potere" del momento.
Sì, perché l'Italia è anche il Paese dei riciclati: da Lotta continua a Forza Italia; un giorno comunisti, il giorno dopo socialisti e poi ciellini... non si sa mai con chi si sta parlando.
L'ipocrisia e l'opportunismo dilagano.

D.: Un italiano d.o.c. all'estero come se la cava?
BACIALLI: Si adegua. In un Paese latino, come la Spagna, non può che trovarsi a suo completo agio e tira a campare. Ma in America, per esempio, è costretto a fare l'americano, a rispettare le leggi, insomma, a essere civile.


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